Scambio di Coppia
Arriva quel momento in ogni matrimonio 5°
di acquainbocca50
27.02.2022 |
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"Il mio cuore iniziò a battere talmente forte da disturbare quasi la telefonata..."
Quella sera stessa la mia eccitazione nel raccontare a mio marito quello che avevo fatto con Luca era grande almeno quanto la sua voglia di sentirmelo raccontare. Dopo aver consumato una cena leggera, facemmo una doccia e ci mettemmo sotto le lenzuola, nudi. Iniziai a raccontare. Man mano che proseguivo nel racconto, Paolo mi toccava, mi baciava, mi accarezzava. Il suo respiro si faceva sempre più profondo. - Scopa bene? – disse con un tono di voce basso mentre la sua lingua spuntava dalle labbra e guizzava sulla punta del mio capezzolo, stuzzicandolo.
La cosa lo eccitava più di quanto avrei mai potuto immaginare. Calcai la mano pesantemente. Mi piaceva vederlo così eccitato ed eccitava terribilmente anche me.
- È stato molto bravo, sì…” – risposi.
- Cosa ti è piaciuto di più? – mi chiese e la sua mano si intrufolò tra le mie cosce.
- Quando ha succhiato tutti i miei umori. Dovevi vedere con che voglia e desiderio. È stato bellissimo… mi ha prosciugata…
- Mmh…Ti piace farmi cornuto? – disse, mentre il suo dito titillava il mio clitoride con tocchi esperti.
Disse il termine cornuto con un tono di voce accaldato. Era evidente che quella parola gli dava un piacere indescrivibile. Confesso che lo dava anche a me. Era la prima volta che usavamo questa fantasia. Usai anch’io il termine cornuto con un tono provocante.
- Sì. Mi piace farti cornuto. Tanto…
Infilò la testa tra le mie cosce e iniziò a leccarmi. Ero in un’altra dimensione.
- Quanto ti piace essere cornuto? Dimmelo! Quanto? – gli dissi mentre la sua lingua si muoveva con voracità lungo le mie labbra e sfiorava con delicatezza il mio clitoride, facendomi gemere ad ogni passaggio.
- Tanto. Adoro essere il tuo cornuto.
- Vuoi che lo faccia ancora? – dissi.
- Voglio che tu faccia quello che più desideri. – disse.
- Voglio farti cornuto più che posso.
- E allora fallo – disse.
Non resistetti più.
- Scopami! – dissi fuori di me.
Paolo si tirò su e mi penetrò. Le mie mani scivolarono lungo la sua schiena e afferrarono con forza le sue natiche. I miei occhi si chiusero mentre le sue labbra affondavano sul mio collo e le sue mani stringevano i miei seni. Cominciò a muoversi con ritmo lento e sensuale. Alzò la testa e mi guardò con i suoi grandi occhi, neri come il carbone, quelli che mi avevano fatto innamorare. Il mio livello di eccitazione aumentò fino a diventare insostenibile e alla fine il fuoco che mi stava consumando dentro esplose in tutta la sua potenza.
Fu tutto bellissimo quella sera.
La mattina dopo mentre facevamo colazione mi ricordai della borsa trovata nel bagno di Luca e lo dissi a Paolo.
- È un appassionato di giochi sadomaso. Hai detto che la borsa era in bagno? Dove esattamente? – disse.
- Era a terra, non era certo nascosto, e il collare era sopra una pila di asciugamani.
- Beh, mi pare del tutto chiaro. Voleva fartelo sapere. Non lasci queste cose nel bagno sapendo che ti stai portando una donna a casa.
- Non ci avevo pensato. ma perché non dirlo chiaramente? – dissi
- Perché si corre il rischio di essere preso per pervertito. Ti ha lanciato un messaggio. Sta a te coglierlo o meno. Se non ne parli lui capirà che non è il tuo genere.
- Come fa ad essere sicuro che io l’ho aperta?
- Il collare sopra l’asciugamano con cui ti devi asciugare è messo lì apposta. Da lì ad aprire la borsa il passo è breve, come in effetti è stato. – disse. - Vado adesso, si è fatto tardi. Hai intenzione di incontrarlo di nuovo?
- Non credo.
- Ok, ciao amore.
- Ciao amore.
Nelle settimane successive mi sono tuffata a capofitto nel lavoro ma il ricordo di quella borsa iniziò ad appartenermi, invadendo come un tarlo insidioso ogni angolo del mio cervello. A letto facevo pensieri strani. Mi pensavo ammanettata ad una sedia. Senza difesa. E la cosa anziché sgomentarmi mi eccitava. Mi stavo scoprendo una natura sottomessa.
Non mi sarei mai pensata così, né io né quelli che mi conoscevano. Ricopro una posizione apicale in un’azienda di grandi dimensioni. Nel mio lavoro devo continuamente prendere delle decisioni. Ho sempre il controllo della situazione. Com’è possibile conciliare tutto questo con il mio desiderio di essere sottomessa? Chi si sottomette cede di solito il controllo di sé stesso a qualcuno di cui di fida.
Avevo il suo numero. Ho resistito per un’altra settimana. Alla fine gli ho telefonato.
- Pronto. – disse lui.
- Non sono riuscita a rispondere. Il mio imbarazzo era totale. Lui stava zitto. Si godeva il mio silenzio e il mio imbarazzo. Chiusi. Ho fatto passare un’altra settimana ma ero sempre più agitata e sempre più coinvolta. Ho rifatto il numero.
- Pronto – disse lui.
- Ciao – dissi.
- Ciao – rispose lui – Come stai?
- Bene, grazie, tu?
- Ho voglia di rivederti. – disse.
Il mio cuore iniziò a battere talmente forte da disturbare quasi la telefonata.
- Anch’io – dissi.
- Ho visto che hai aperto la borsa – disse con voce calma.
- Sì… - risposi.
Ci fu un lungo silenzio. Sentivo il suo respiro affannoso, persino il suo battito del cuore. Poi, disse:
- Ti vengo a prendere.
- No, adesso no, risposi. Domani mattina?
- A che ora?
- Alle dieci. Vediamoci al xxxxxxx.
- Ok. Ciao
- Ciao.
Posai lo smartphone e andai sotto la doccia. Mentre lasciavo che l’acqua accarezzasse il mio corpo pensai agli oggetti che avevo visto nella borsa nera e la mia mano scivolò tra le mie gambe.
Il giorno dopo, alle dieci in punto, sono salita sulla sua auto e siamo andati a casa sua. Indossavo l’abitino nero con cui mi aveva visto la prima volta. Chiuse la porta. Eravamo uno di fronte all’altra.
- Hai bellissimi occhi da gatta – mi disse. Mi prese la mano e la baciò. Da quel momento fui attratta e rapita da un vortice di emozioni. Da una tasca della giacca tirò fuori un nastro di seta nero e mi bendò. Un lungo brivido attraversò l’intera mia schiena. Mi prese per mano e mi condusse in un’altra stanza. Sentii le sue dita infilarsi sotto le spalline del mio vestito e farmele scivolare lungo le braccia. Il vestito, senza più supporto, scivolò a terra. Rimasi in lingerie. Si avvicinò al mio orecchio e mi sussurrò con la sua voce calda: “Sei bellissima.” Poi succhiò delicatamente il lobo del mio orecchio. Non mi sentivo più salda sulle mie gambe. Erano sensazioni mai provate prima. Non avevo idea di cosa mi aspettassi ma avevo fiducia in lui ed ero decisa a godermi fino all’ultima stilla di piacere. Mi aiutò a distendermi su un letto, poi mi legò mani e piedi ai quattro angoli del letto. Lo sentii allontanarsi, aprire un cassetto e riavvicinarsi. Sentii qualcosa di freddo su un mio fianco. Come un coltello. Trasalii.
Non aver paura, Anna. Fidati di me. - disse
Le sue parole mi rasserenarono. Prese il bordo delle mie mutandine e lo tagliò. Erano delle forbici quelle che aveva in mano. Fece scivolare le fredde lame sulle mie cosce facendomi sobbalzare. Poi salì lungo le braccia, sulle spalle e tagliuzzò il mio reggiseno. Adesso ero totalmente nuda, legata e bendata. Avrebbe potuto farmi qualsiasi cosa ma io non avevo paura. La sua mano risalì lungo il mio polpaccio, giocò con il mio ginocchio poi, lentamente, sfiorò l’interno della mia coscia. Poi, la sua mano salì ancora. Avevo la pelle d’oca. Si posò sul mio sesso e sentii le sue dita infilarsi dentro di me. Inarcai la schiena per andare incontro alle sue dita che mi penetravano. Lui invece tolse la mano e salì ancora, verso il mio seno. Lo strinse. Non gli bastava. Salì ancora più su e il suo dito fece pressione sulla mia bocca. La schiusi. Lui lo infilò e io lo succhiai per il tempo che lo lasciò dentro. Ad un tratto si staccò da me. Aguzzai le orecchie per capire cosa stesse facendo. Sentii un fruscio poi qualcosa mi sfiorò i seni. Sembrava una cintura. Ecco quel fruscio. Se l’era tolta. Mi colpì sul ventre. Non forte, non tale da farmi male comunque.
- Sei una gattina Anna. Devi miagolare, ogni volta che ti colpisco. Se non fai ti colpirò più forte.
Miagolai.
- Miao…
- Mi colpì dappertutto. Sulle piante dei piedi, sulle cosce, sul ventre, sui seni. Ad ogni colpo io miagolai.
- Alla fine smise. Non avrei voluto che smettesse. Inarcai la schiena, volevo toccarmi, volevo venire.
- Vuoi che ti scopi Anna? – disse
- Sì, lo voglio.
- Supplicami. – disse
- Ti prego, ti imploro. Ti prego, scopami. Scopami.
Finalmente lui si posizionò sopra di me, sentii la sua erezione all’entrata di me e spinse. Avrei voluto afferrarmi a lui, ma ero legata, non potevo. Lasciai uscire un grido rauco mentre venivo, sorpresa dalla velocità con cui avevo raggiunto l’orgasmo.
- Sei stata brava Anna. Adesso ti libero. Mi sciolse i polsi e le caviglie, infine mi tolse a benda che avevo negli occhi. Lo abbracciai.
- Brava gattina, mi disse.
- Miao – risposi.
Sorrise. Ci vestimmo e uscimmo. In macchina non parlammo. Mi sentivo stordita e felice.
Entrai a casa. Prima di crollare dal sonno, volevo farmi una doccia. Ero esausta. Andai in cucina a prendere un bicchiere d’acqua. Sul tavolo intravidi un biglietto, era di Paolo. Lo lessi. Diceva che era da Cristina. “Va pazzo per le sue tette” – pensai - “Chissà dove sarà Alberto.” Proprio in quel momento suonò il campanello. Andai ad aprire e mi trovai di fronte Alberto.
- Ciao – disse – Paolo è a casa mia. Ho pensato di venirti a trovare.
In quel momento, mentre lo guardavo sulla soglia, ricordai quanto bravo fosse Alberto a leccare la figa e, nonostante fossi esausta, mi era rimasta ancora della voglia. Lo presi per mano e lo feci entrare in casa. In quel momento mi passò per la mente un pensiero che definirlo indecente era troppo poco. Mi sedetti sul divano, aprii le cosce e dissi ad Alberto:
- Puliscila, è sporca.
Alberto si inginocchiò e affondò la sua testa tra le mie cosce. Chiusi gli occhi e reclinai la testa all'indietro. Il sadomaso si era ormai impossessato di me.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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